Toy Story è una di quelle rare saghe in cui i sequel non solo mantengono alto l’onore del primo film, ma impreziosiscono il mondo dei protagonisti aggiungendo livelli di profondità e significato. Toy Story 2 è forse il miglior sequel mai realizzato dal sodalizio Disney-Pixar; molto è dovuto alla cinefilia spinta di John Lasseter, che in quel frangente ha dato prova di maestria nel parodiare e nello spargere citazioni forse rivolte più a mamma e a papà che ai bambini a cui è effettivamente indirizzato il film. Con il finale di Toy Story 3 sembrava che il cerchio potesse chiudersi definitivamente, con l’addio ad Andy e la nuova vita in casa della piccola Bonnie, ma il team ha trovato quegli elementi lasciati in sospeso per poter creare una storia coerente.
Sotto la guida di Josh Cooley, nome rodato alla Pixar nel settore animazione, qui alla sua seconda regia, il gruppo di giocattoli che abbiamo imparato a conoscere ed amare negli scorsi 25 anni torna a combinarne di ogni quando Bonnie è distratta. L’elemento di novità del film è che Bonnie, al contrario di Andy, è una bambina appena in età scolare – e a quell’età i bambini creano. È proprio la creazione di un giocattolo fatto di spazzatura, il buffo forchetto Forky (doppiato da Luca Laurenti), a scatenare l’effetto domino che porterà il cowboy Woody (qui doppiato da Angelo Maggi, che ha fatto un buon lavoro nel sostituire la buonanima di Frizzi) a mettere in discussione il suo ruolo nella storia.
ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER