#ThrowbackTime Superbad: il romanzo di formazione delle teste storte

superbad-best-moments-scenes-quotes-characters

Alle volte, i cosiddetti film da guardare a cervello spento restano più impressi di qualsiasi lavoro d’autore. Nel loro essere sostanzialmente uno sclero di registi e sceneggiatori che intendono mettere in scena le minchiate più atroci, hanno un fascino unico e un umorismo contagioso, che sicuramente perde in finezza ma compensa ampiamente con la memorabilità. Questo è particolarmente evidente nella filmografia di Seth Rogen e compagni – che sono arrivati persino agli Oscar con The Disaster Artist – che hanno fatto del cazzeggio una fine arte.

Il mio incontro con Superbad, ora disponibile su Netflix, è stato come tutti gli incontri più belli: casuale. Letteralmente facevo zapping su Sky nell’estate del 2008, probabilmente una mattina, l’ho beccato e ne sono stata completamente rapita.

La storia è abbastanza semplice: Seth (Jonah Hill) ed Evan (Michael Cera), due assolute facce di cazzo all’ultimo anno delle superiori che non sono per niente ispirate agli sceneggiatori Seth Rogen ed Evan Goldberg, vogliono festeggiare la fine della scuola e perdere quanto prima la verginità per smettere di essere ai margini della società. Con loro c’è anche Fogell (Christopher Mintz-Plasse), un nerd secco e occhialuto che sembra essere utile solo come sacco da boxe ma riserverà più sorprese di tutti.

Per riuscire nella missione, i tre si offrono di comprare alcol per la festa di fine anno di Jules (un’insospettabile Emma Stone debuttante), e da lì parte un crescendo di deliri sempre più ai confini con la realtà, ma non per questo meno iconici.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

Il film ha una componente fortemente autobiografica: Rogen e Goldberg, realmente amici d’infanzia, avrebbero iniziato a stenderla addirittura prima della fine delle scuole superiori. Inizialmente i due avrebbero dovuto addirittura interpretare i protagonisti, ma a causa della differenza d’età si è fatto ricorso a un casting. Rogen, però, compare nel film nei panni di uno degli agenti di polizia coprotagonisti.

Superbad (diretto da Greg Mottola e scritto dal duo Rogen-Goldberg) ha lanciato Michael Cera, che ha vinto dei premi come miglior promessa ed è stato poi protagonista di altri film iconici per adolescenti, e ha consacrato Jonah Hill, che nel tempo è comunque rimasto in parte legato al suo personaggio ma ultimamente ha saputo evolversi (ha anche un cameo in Ave, Cesare! dei Coen). L’unico che è rimasto più in ombra è l’attore che interpreta Fogell, il che in qualche modo cozza con il livello di leggenda raggiunto dal personaggio.

Per procurarsi gli alcolici per la festa, naturalmente, i tre necessitano di una patente falsa e incaricano Fogell dell’ingrato compito. Il documento è, ovviamente, terrificante: il ragazzo non sceglie nemmeno un nome completo, decide di farsi chiamare semplicemente McLovin.

Al negozio di alcolici, la cassiera subisce una rapina e McLovin viene aggredito. Intervengono due poliziotti perfettamente in linea con il tenore del film: gentaglia senza voglia di lavorare, offensiva in più modi, il genere di membro delle forze dell’ordine che sta lì per i benefici. L’agente Michaels (Seth Rogen stesso) ha pure un’orrenda barbetta anni ’80 che lo rende caratteristico.

Mentre Seth ed Evan sono alle prese con il proprio dramma interpersonale – quello di essere finiti in corsi universitari diversi nonostante i piani – McLovin intraprende una sorta di viaggio spirituale in compagnia dei due poliziotti, che lo fanno fumare e sparare.

Il bello del film è che, teoricamente, non c’è nessun personaggio maschile positivo. Le uniche persone normali sono le ragazze, e forse Fogell/McLovin.

I poliziotti, che dovrebbero essere gli adulti responsabili, sono in realtà due adolescenti mai cresciuti (forse altra proiezione degli sceneggiatori) dediti al fancazzismo e alla copertura maldestra dei propri errori; li unisce un cameratismo unico che permette loro di fare da guida a Fogell, che passa dall’essere dimenticato da tutti all’essere il vincitore morale del carosello. I due lo guidano non soltanto nelle abiezioni a cui sono solitamente dediti, ma gli danno anche dei consigli di stile che forse nel mondo reale neanche funzionerebbero, ma che nella messa in scena funzionano.

Come può, allora, un simile cocktail di brutture morali catturare così tanto le simpatie del pubblico e della critica? Perché è un film onesto fino alla sfacciataggine. È sopra le righe, volgare, ridanciano, addirittura demenziale ma sta tutta lì la sua forza: gli adolescenti sono esattamente così cazzari. Il casting è particolarmente azzeccato: nessuno dei protagonisti o delle protagoniste rappresenta un modello di bellezza standard, la stessa Emma Stone può piacere o meno, ed è davvero come vedere adolescenti con due neuroni in cinque che fanno danni. Tutto è esagerato, ma il minimo spazio riservato alle emozioni genuine rende la formula vincente: il personaggio di Seth ha delle fragilità evidenti che vengono allo scoperto e, almeno in parte, felicemente risolte.

Il tutto è permeato da una patina anni ’90 (letteralmente, anche in termini di color correction) che rende il film quasi nostalgico. Guardandolo si ha l’impressione di sfogliare un album, o di essere ad una rimpatriata a rievocare le puttanate che si sono fatte alle superiori, forse infarcendole di dettagli al confine tra realtà e finzione per renderle più avvincenti.

Il cinema di Rogen e dei suoi degni compari è tutto così: oltre qualsiasi limite della decenza, ma genuino, che parla al ventre deficiente dello spettatore. Sensazioni simili di sfaldamento neurale sono evocate anche da progetti più ad alto budget come The Interview con James Franco, o dal progetto meta Facciamola finita, ma la leggenda di Superbad e McLovin è rimasta sinora ineguagliata.

Lascia un commento