I labirinti della mente e la nostalgia del possibile sono i due pilastri del cinema di Charlie Kaufman, da Eternal Sunshine (che ha sceneggiato, con l’assist assurdo dello stile registico di Michel Gondry) a Synecdoche, New York. Sono leitmotiv così profondi da poterli quasi catalogare in un genere a sé. E ci si aspetterebbe qualcosa di già visto in I’m thinking of ending things, l’ultimo lavoro di Kaufman uscito il 4 settembre in streaming su Netflix.
La storia è narrata principalmente dal punto di vista di Lucy (Jessie Buckley), una giovane donna in viaggio con il suo nuovo fidanzato Jake (Jesse Plemons), che la sta portando a conoscere i genitori in un casolare di campagna sperduto. La sensazione generale di malessere e le ansie che popolano il flusso di pensieri di Lucy delineano un quadro fatto di indecisioni: la giovane donna non è sicura della sua relazione, e sente di non poter davvero contare sulle sue percezioni. Intanto, da qualche altra parte in America, in una scuola sperduta c’è un bidello che vaga per i corridoi deserti come un fantasma, ingannando il tempo con delle vecchie commedie romantiche.
Due piani dell’esistenza completamente indipendenti l’uno dall’altro, accompagnati dalla storia sino ad un punto comune. Quale sarà?
ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER