Lolite, cocaina e altri rimedi

Premessa: non sono un recensore. Questo che vi vado a presentare è un pasticcio di impressioni a caldo, hype immotivato e quella tipica esaltazione dionisiaca che mi caratterizza ogni volta che finisco un bel libro.

Pornokiller” di Marco Cubeddu (Mondadori) è una piccola perla della letteratura italiana contemporanea, con il solo difetto di non essere per stomaci delicati, politicamente corretto o gentile o sobrio. Insomma, nulla di quello che l’odierno perbenismo di ritorno ci permetterebbe di apprezzare senza sentirci un filino in colpa. La sinossi in realtà è molto più semplice di quanto possa apparire: Carlo Ballauri, torinese di nascita, oscillante tra Roma e Los Angeles per studiare cinema, si afferma nel mondo della pornografia come regista dopo aver miseramente fallito un tentativo di lavorare ad un film film; vent’anni dopo quel fallimento, Ballauri incontra un’adolescente che – come tutte le adolescenti – è bella, desiderabile e dall’età indefinibile, dotata di quella grazia sciatta tipica delle ninfette di Nabokov. E, soprattutto, prima lo rapina, poi si lascia scritturare per quel secondo tentativo che farà da perno centrale alla storia.

Pornokiller, come dicevo, non è un libro per tutti. Non voglio fare del becero elitismo, voglio semplicemente proteggere i poveri occhi e la povera mente di chi non reggerebbe ad una sequela di invettive contro tutto ciò che c’è di buono al mondo, dalle diete vegane a Roberto Saviano. Strutturata come il miglior film di Tarantino, la vicenda viene condotta da un protagonista profondamente antieroico, un cocainomane depresso e potenzialmente megasociopatico (autodiagnosticato, come tutti gli altri), velatamente Berlusconiano, inverosimilmente maschilista, mastodontico, dipendente dai Pocket Coffee e fermamente convinto dell’inesistenza del Molise. In altre parole, un tipo decisamente poco raccomandabile.

Potrebbe sembrare un qualsiasi libretto edgy alla Palahniuk (e chi lo considera edgy avendo letto a stento trenta pagine di Fight Club, secondo il mio modesto parere, ha capito meno di zero), ma ha dalla sua un’ironia esagerata e grottesca, ai limiti del demenziale e del cattivo gusto, che rende decisamente evidente quanto Carlo sia un eroe fasullo e ovviamente non percepito come tale.

Si sprecano i riferimenti alla cultura pop, italiana e non (con tanto di cameo dell’esimio Mastrota). Pornokiller è, appunto, crudo come le decine di migliaia di filmati pornografici che l’adolescente medio consuma all’anno, è inutilmente spinto e ripropone qualcosa di già noto cercando di buttar fumo negli occhi del lettore – e ci riesce. Come da quarta di copertina, è “un irresistibile frullato pop scritto dalla penna più irriverente delle nuove generazioni“. Solo che è un frullato di sangue, cervella, alcolici di marca, denaro mal riposto e mal speso e nostalgia di una gioventù irrecuperabile – quella che ha fatto di Humbert Humbert l’uomo di merda che è.

Credo vi sia una citazione, che magari decontestualizzata non colpisce quanto dovrebbe, che riassume perfettamente il libro. Astenersi Tumblriani:

Non esiste nessuna ragione sociale nel cinema. L’unica etica di cui tenere conto è l’estetica. Un film, come ogni opera d’arte, è solo una concatenazione di scelte estetiche mediate dal mercato. La mia estetica, o parte di essa, ha il solo messaggio di ricordare al cinema che non esistono solo i martiri,  gli immigrati, gli ultimi della terra, i precari. Ma che esistono anche i privilegiati, i velleitari, i maschi bianchi, sani, eterosessuali, arrivisti, individualisti, amorali, lussuriosi, prevaricatori, pieni di ansie e proprio per questo bellissimi, il cui unico cruccio è anche il mio solo cruccio e l’unica funzione sociale della bellezza: spostare la morte un po’ più in là.