Guns Akimbo: Daniel Radcliffe è pazzo e spara?

58197_hd

Quando una persona vorrebbe che la propria vita assomigliasse ad un videogioco, vengono in mente titoli come Animal Crossing o Pokémon (tralasciando le dimensioni dei Beedrill o le maledizioni legate ai Pokémon spettro). Il giovane sviluppatore Miles Lee Harris (Daniel Radcliffe) conduce una vita estremamente noiosa, fatta di mobbing troppo sottile per essere denunciato sul posto di lavoro, noia serale e rimpianti per rapporti finiti male. Se la sfera personale pare essere ad un punto di svolta, il resto è un completo disastro. Miles finisce per sfogare la sua frustrazione nell’unico modo possibile: insultando sul web i giocatori di SKIZM, un battle royale sanguinario in cui per vincere devi uccidere sul serio il suo avversario.

Poco dopo aver lasciato dei commenti al vetriolo, in casa di Miles piomba il team dei creatori del gioco, che decide di coinvolgerlo in uno scontro mortale con Nix (Samara Weaving), la campionessa indiscussa del gioco, che per essere tale ha rinunciato completamente alla sua umanità facendosi di ogni droga possibile e adottando un’estetica grunge. Durante il primo incontro con Miles, infatti, dal suo naso pende una banconota non meglio identificata che aveva utilizzato per tirare cocaina.

Ma nel suo essere un (cito testualmente) “cucklord” sfigato, come può Miles fronteggiare un nemico del genere? Semplice. Con uno stratagemma in stile Evil Dead: gli suturano a forza delle pistole con 50 proiettili l’una in ciascuna mano.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

  Continua a leggere

Uncut Gems: un gioiello ad alta tensione

Uncut

Con Good Time, nel 2017 i fratelli Safdie hanno dimostrato di saper creare dal nulla uno specifico tipo di azione e tensione. Mescolano a sequenze adrenaliniche dell’umorismo crudo, ai limiti dell’offensivo e del perverso, senza però tralasciare la caratterizzazione dei personaggi – talmente tanto sgangherati che è impossibile non tifare per loro solo per capire dove andrà a parare la storia.

Ora, cosa succede se, due anni dopo, dai ai fratelli Safdie un budget decuplicato, Adam Sandler, e la possibilità di uscire su Netflix e raggiungere sia il pubblico affezionato che quello più vasto? Ottieni Uncut Gems, uno dei pochi film ad aver ottenuto (per quanto sia un record arbitrario) il 100% su RottenTomatoes. Un vero e proprio plebiscito popolare, tanto che Sandler ha ricevuto una nomination per il Razzie Redeemer Award, ovvero il passaggio da peggior attore di un’annata a delle buone interpretazioni. E Uncut Gems è la prova del nove che basta far scordare ad Adam Sandler di essere Adam Sandler perché cominci a recitare.

La storia di Uncut Gems segue i guai che piovono addosso al gioielliere ebreo Howard Ratner (interpretato da Sandler), scommettitore incallito che ha appena concluso l’affare del secolo acquistando un opale nero per rivenderlo al giocatore di basket Kevin Garnett (nel ruolo di se stesso) e ripagare così i suoi debiti. Il tutto, muovendosi nel campo minato che è la sua vita personale.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER Continua a leggere

[Commissione] Another Day of Life: i media ce lo dicono, ma noi dimentichiamo

adol-poster-01-2col

Rendere in un film una testimonianza biografica non è semplice. Tanto più se non si parla di un percorso artistico, ma di una reale esperienza di guerra: Ancora un giorno (Another Day of Life) racconta la testimonianza di Ryszard Kapuściński, unico corrispondente estero polacco che ha assistito all’inizio della guerra civile in Angola, nel 1975, all’indomani della caduta dell’impero coloniale portoghese. Kapuściński raccoglieva informazioni per conto della Polish Press Agency, l’agenzia stampa nazionale della Polonia, e in particolare si è soffermato sulle vicende del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), raccogliendo materiale video che è stato incluso all’interno del film. La struttura del film prende spunto dal saggio omonimo di Kapuściński, pubblicato nel 1976.

Ancora un giorno è stato presentato a Cannes 71 nella categoria documentari ed è diretto da Raúl de la Fuente e Damian Nenow. Il progetto è una co-produzione europea ed è stato insignito di più di un premio: Miglior film d’animazione ai Goya 2019 e agli European Film Awards del 2018.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER Continua a leggere

Horse Girl: quando la vita è un paradosso della nonna

horse

Alcuni film giocano molto sulla vaghezza del periodo in cui sono ambientati. Dai primi fotogrammi di Horse Girl, infatti, non è possibile determinare subito in che anno si svolge l’azione: potrebbe essere un film anni ’90, o addirittura essere ambientato alla fine degli anni ’80. In particolare, le luci soffuse che ricordano un po’ l’episodio di Black Mirror chiamato Nosedive contribuiscono a dare all’ambientazione un tocco rétro. Il film è stato presentato al Sundance Festival lo scorso gennaio ed è disponibile su Netflix.

La protagonista, Sarah (Alison Brie, che ha co-sceneggiato il film), è una ragazza fin troppo normale: lavora in un negozio di artigianato ed è gentile ed efficiente con i clienti, pratica zumba nonostante non sia l’elemento più brillante del corso, e ha una passione per l’equitazione. Insomma, la classica protagonista bianca che in altri contesti si malsopporterebbe. Ci sono, però, dei toni più cupi nel suo profilo: da quando sua madre è morta suicida dopo una lunga depressione, Sarah ha sviluppato una vera e propria ossessione per la serie paranormale “Purgatory” – che ad un certo punto definisce il suo “comfort show” – ed è quasi considerata un’emarginata dalla coinquilina Nikki (Debby Ryan), che però dimostra di volerle bene. Dalla sera del suo compleanno, quando Nikki organizzerà una festa improvvisata, Sarah inizierà ad avere esperienza di quelli che definirà “rapimenti alieni”. Ma quanto c’è di vero? E quanto è il prodotto di una mente traumatizzata?

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER Continua a leggere