The Laundromat: la vita segreta dei soldi

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Portare al cinema il giornalismo d’inchiesta può essere un’impresa rischiosa. Per quanto possa essere rilevante la materia, non è semplicissimo tradurla in narrativa: si richiede un’accuratezza che va oltre la sacrosanta pignoleria storica, bisogna rispettare tutti gli step della vicenda e rendervi giustizia. Adam McKay con La grande scommessa e Vice ha portato su schermo delle grandi inchieste del giornalismo americano mescolandole a modalità narrative avvincenti, e lo stesso ha fatto Scott Z. Burns con The Report, uscito da poche settimane.

Ed è lo stesso Scott Z. Burns a firmare la sceneggiatura di The Laundromat di Steven Soderbergh, presentato a Venezia 76 e distribuito dal 18 ottobre su Netflix. Per spiegare la vicenda dei Panama Papers – lo scandalo dei conti offshore – Soderbergh si è affidato nientemeno che ai protagonisti stessi della vicenda: Jürgen Mossack (Gary Oldman) e Ramon Fonseca (Antonio Banderas), che come due Caronti traghettano lo spettatore attraverso la storia dei soldi. Cinque capitoli presentati in una veste grafica accattivante, inframmezzati dalla storia di Ellen (Meryl Streep), una donna che inizia ad indagare dei casi di grandi frodi fiscali a seguito della morte del marito.

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The Report: perché l’America non deve dimenticare

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Waterboarding, privazione del sonno, percosse, umiliazioni, finte sepolture. Tutte tecniche di tortura definite “innovative” dal fior fiore degli esperti di psicologia criminale della CIA, e pienamente autorizzate sui – veri o presunti – jihadisti che hanno lavorato dietro le quinte del vero spartiacque del nuovo Millennio: gli attentati dell’11 Settembre 2001.

The Report, film di Scott Z. Burns in arrivo su Amazon Prime Video dal 29 Novembre, racconta la storia del portaborse Daniel Jones (Adam Driver), interessatosi al caso per conto della senatrice dem Dianne Feinstein (Annie Bening). Il viaggio tra i documenti secretati della CIA e i video dei cosiddetti “interrogatori avanzati” è agghiacciante: non solo non si ha certezza che le persone torturate siano effettivamente coinvolte nell’attentato o nelle successive minacce, ma la morte di questi viene quasi considerata un successo. Intanto, non solo la CIA non raccoglie informazioni significative sulla mappa degli attentati o sulle gerarchie di Al-Qaeda, ma è potenzialmente mal indirizzata.

La stesura del rapporto di Jones sarà estenuante, sia per le tempistiche che per la poca cooperazione dei coinvolti, ma anche per il progressivo isolamento a cui lo stesso portaborse si sottoporrà.

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La truffa dei Logan: tamarri sì, ma con stile

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Al colpo di coda della prima settimana di sala, La truffa dei Logan riceve il plauso (non unanime) della critica, che celebra così il ritorno al grande schermo di Steven Soderbergh. Regista consapevole di ciò che può e non può fare, decide di puntare tutto sul suo cavallo di battaglia, utilizzando anche attori con cui ha già dimestichezza (Channing Tatum, protagonista di Magic Mike), con un twist: alle atmosfere lussuose e ai completi sartoriali della sua celeberrima Trilogia Ocean’s, Soderbergh contrappone la West Virginia, le corse NASCAR e un manipolo di redneck e cockney scemi che, arrivati ai titoli di coda, ti chiedi effettivamente come abbiano fatto a concepire un piano come quello che si svela su schermo per tutto il minutaggio.

Quello che Soderbergh presenta al pubblico è un heist movie classico, che già dal trailer – ritmato e accattivante come si rivela poi essere il film, con dei tocchi pop (e country) che non sono inseriti per una pura questione scenica ma che in un certo momento acquistano anche una determinata rilevanza di trama – si prospetta essere una bella esperienza. Il mondo in cui lo spettatore viene catapultato è fatto di meccanici, stazioni di servizio old-fashioned, insospettabili parrucchiere assi del volante e bambine costrette a fare le reginette di bellezza – come in certe trasmissioni abominevoli di TLC o Real Time. Jimmy Logan (Channing Tatum), in particolare, è un padre di famiglia divorziato che ha promesso soprattutto a sé stesso di non ritentare mai più nulla di criminale, anche per dare il buon esempio a una figlia che a causa dell’affidamento quasi esclusivo alla ex moglie vive in un ambiente decisamente poco idoneo, insieme a due fratellastri che guardano film violenti (li tengono buoni, dice il nuovo marito della ex) e dicono già troppe parolacce. La perdita del posto di lavoro come operaio a causa di una zoppia non invalidante ma non dichiarata lo porterà a rivolgersi al fratello Clyde (Adam Driver), un barman veterano di guerra con un braccio solo, per rapinare le casse della pista dove si svolgerà la Coca Cola 600. Il piano originale, in realtà, è quello di rapinare la pista durante una corsa meno impegnativa, ma la chiusura in anticipo dei lavori stradali di cui lo stesso Jimmy si è occupato prima del licenziamento porterà la banda Logan a misurarsi con un colpo forse troppo più grande di loro – ma potranno contare sull’esperto di scasso Joe Bang (un Daniel Craig insolito ma assolutamente efficace) e sui suoi cafonissimi e idiotissimi fratelli, a cui Jimmy e Clyde dovranno fornire una goffa “motivazione morale” per convincerli a partecipare al colpo.

Come in ogni film di Soderbergh, lo spettatore sa già che la banda riuscirà nel suo intento – ma ciò che interessa davvero è il come; ed è il come ad essere sorprendente in questo grande ritorno di fiamma.

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