Aladdin: il remake che più rischiava di floppare è forse il migliore uscito sinora

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Il progetto dei remake dei classici Disney è generalmente accolto con scetticismo soprattutto da chi è stato letteralmente cresciuto da questi. Al di là di casi eclatanti, come il molto poco eccitante trailer de Il re leone, la ricezione effettiva del film varia da esperienza ad esperienza.

Sicuramente il trucco più sporco di quest’operazione è il fare leva sulla nostalgia e sulla forza del brand, ma nel remake di Aladdin non c’è traccia della pigrizia che rischiava di affossare del tutto il tentativo: si sono effettivamente impegnati a confezionare un prodotto che conserva lo spirito dell’originale e fa l’azzardo di dare un proprio contributo (e del suo funzionamento o meno parleremo).

La storia del ladro più affascinante di Agrabah (al di là del grande scoop di Aladdin 3, uno dei pochi sequel Disney usciti direttamente in cassetta ad avere dei momenti genuinamente esilaranti), diretta stavolta dal Guy Ritchie dello Sherlock di Robert Downey Jr., la conosciamo tutti, ogni spettatore è semplicemente curioso di sapere come verrà raccontata nuovamente. E il film si apre già con un’aggiunta: vediamo subito Will Smith a bordo di una nave, che chiama i suoi figli per raccontare loro una storia; da lì il passaggio alla scena di Arabian Nights, che introduce il film animato.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

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