Nomadland: storia nascosta della contemporaneità

La contemporaneità ha abituato l’uomo ad una serie di aspettative sulla propria vita. Una casa, un lavoro, una famiglia nucleare – la cosiddetta fantasia dello “steccato bianco”, derivante dai manifesti pubblicitari e dalla propaganda spinta che ha venduto il Sogno Americano come unico ideale possibile. Ma cosa succede quando hai più di cinquant’anni e la Grande Recessione, la crisi economica che ha buttato in ginocchio boomer e i Gen X-er più anziani e distrutto le possibilità di ripresa dei Millennial, ti investe? Cosa succede quando ti ritrovi sola, in una città nel cuore di un paese troppo grande, che inghiotte chi non sgomita abbastanza? Chloé Zhao ha scelto di raccontarlo, trasponendo su schermo un racconto di non-fiction, a metà tra l’inchiesta giornalistica e la biografia. Nomadland, che ha iniziato la sua corsa ai grandi premi del cinema internazionale a Venezia, prende spunto dall’omonimo saggio della giornalista Jessica Bruder, che ha seguito le vicende di alcuni statunitensi più anziani che hanno scelto di vivere nei camper e di viaggiare seguendo le rotte che conducono al lavoro, incontrando altri nomadi lungo la strada.

In particolare, il film è incentrato sulla figura di Fern (interpretata da una colossale Frances McDormand), che dalla cittadina morente di Empire dopo la morte del marito salta di impiego in impiego, imparando a sopravvivere sulla grande strada.

            ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

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Soul: storia di una scintilla che non diventa mai fuoco

È innegabile che Inside Out abbia lanciato un trend, con la sua presa di posizione filosofica su cosa accade ad un livello più “alto” dell’esistenza. Pete Docter ha inquadrato la presa di questo genere di scrittura sul pubblico e ha deciso di alzare l’asticella con Soul, film del 2020 che s’interroga sul funzionamento dell’anima cercando di rendere il concetto fruibile da un pubblico molto vasto. La storia ha per protagonista Joe Gardner, insegnante di musica afroamericano, a un passo dall’ottenere un impiego fisso per via del suo impegno con la direzione della band scolastica. Nonostante la sicurezza di un lavoro nell’insegnamento, il suo più grande sogno è quello di suonare in un jazz club – nonostante le perplessità di sua madre, Joe continua ad accettare ingaggi, finché un suo ex allievo non riesce a metterlo in contatto con la diva del jazz Dorothea Williams per una serata. Per puro caso, però, Joe rimane coinvolto in un incidente e finisce nell’Oltremondo nonostante non sia morto; compresa la situazione, cerca di scappare e si finge uno psicologo per avere accesso all’Antemondo, ovvero lo spazio dove le anime nasciture trovano l’ispirazione per arrivare finalmente a completezza. Per uno scambio di persona, a Joe viene affidata l’anima numero 22, un’anima antica che crea problemi allo staff di questo spazio liminale; 22 ha avuto una stringa di mentori molto illustri, tutti completamente esauriti dal suo atteggiamento poco collaborativo. Riuscirà Joe a tornare sulla Terra e contemporaneamente ad aiutare 22 ad ottenere un pass per nascere?

Il film ha ricevuto il premio come Miglior film d’animazione ai 93esimi Academy Awards.

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Minari: l’importanza di mettere radici

Il sogno americano colpisce tutti. Anche la famiglia Yi, californiana di origini coreane, non è immune alle promesse che i media e il governo hanno fatto ai cittadini statunitensi nel secondo dopoguerra; per questa ragione, il padre Jacob insieme alla moglie Monica e ai figli Anne e David decide di trasferire il nucleo familiare dalla California all’Arkansas, dove vuole dare il via ad un business di prodotti ortofrutticoli coreani. L’adattamento alle nuove condizioni, soprattutto la casa mobile precaria e la lontananza dagli ospedali per i controlli del piccolo David, causerà delle tensioni nella coppia. L’arrivo dalla Corea della nonna materna Soon-ja sarà il punto di svolta nella vita familiare, soprattutto per David, che ha una certa idea di come sia fatta una nonna, e Soon-ja è decisamente fuori dagli schemi – non fa biscotti, dice parolacce e indossa mutande da uomo.

Per la sua performance nel ruolo di Soon-ja, la diva del cinema coreano Yoon Yeo-jong è stata insignita del premio come Miglior attrice non protagonista ai 93esimi Academy Awards. Il film ha debuttato nel 2020 al Sundance Festival ed è stato anche insignito del Golden Globe come Miglior film straniero.

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Sound of Metal: la paura di restare soli con i propri pensieri

In principio fu Whiplash, con la sua epopea del giovane studente di talento che si spella le mani a furia di provare e riprovare il pezzo di batteria della famosa scena con il maestro che lo schiaffeggia fino a fargli raggiungere la perfezione. Anche Sound of Metal, diretto da Darius Marder, incanala la stessa idea di disperazione, affidando al duo metal protagonista una introduzione frenetica ed assordante che non accompagna lo spettatore nella storia, ma ce lo spinge dentro a calci come nella mosh pit.

Un’introduzione così violenta, però, è uno specchietto per le allodole. Il film parla della storia di Ruben (Riz Ahmed), batterista della band “Blackgammon”, che durante un importante tour inizia improvvisamente ad essere affetto da acufeni e a perdere l’udito. La sua routine, fatta di viaggi in camper con la sua compagna Lou (Olivia Cooke), cantante del duo, e di sregolatezze, si interrompe bruscamente di fronte all’avanzare di qualcosa di completamente invalidante per la sua professione. Il percorso dalla ribellione ostinata all’accettazione di questa nuova realtà, per Ruben, andrà ad intrecciarsi con il suo sostare ai margini di un baratro dal quale ha lottato molto per uscire: quello della dipendenza da sostanze. Ruben, infatti, è pulito da quattro anni e la sua compagna Lou non ha intenzione di permettergli una ricaduta.

Per questa ragione, Ruben verrà accolto in un rifugio rurale per sordomuti, dove il direttore – un ex alcolizzato, veterano del Vietnam che ha perso l’udito – gli affida un compito difficilissimo: imparare ad essere sordo.

Il film è stato premiato ai 93esimi Academy Awards per il Miglior montaggio ed il Miglior sonoro.

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Promising Young Woman: Per quanto vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti

La cosa più terrificante degli abusi sessuali è che, in buona parte del mondo, si è così bombardati a livello mediatico da desensibilizzarsi. Non che alle persone non importi della cosa, chiaramente, ma i volti delle vittime tendono a sovrapporsi, quando si parla di notizie di stupri – soprattutto nelle università – ci sono così tanti casi con dinamiche simili che prima di capire di chi si tratta c’è spesso un momento di confusione, ci si domanda “Aspetta, di quale notizia parliamo oggi?”.

Ma ogni vittima ha una storia, una personalità che spesso e volentieri per amor di narrativa viene distorta fino a renderla irriconoscibile, e deve portare il peso delle conseguenze. A volte quel “portare il peso” diventa l’atto simbolico di trascinare un materasso in giro per il campus, altre volte significa evitare i luoghi dove sono avvenuti gli abusi, oppure altre volte le vittime restano schiacciate dal peso e si tolgono la vita. Perché sia mai punire adeguatamente chi abusa, dato che spesso si tratta di “giovani uomini promettenti” – futuri medici, bravi ragazzi figli di volti noti della politica o dell’imprenditoria italiana, persone che volevano divertirsi ad una festa e si sono ritrovate in un vortice fatto di accuse, smentite, balletti giudiziari logoranti per tutti ma soprattutto per quelle ragazze (perché le statistiche non mentono: si tratta fin troppo spesso di giovani donne) etichettate nelle maniere peggiori pur di difendere il futuro dei presunti stupratori. Anche quando ci sono prove video. Anche quando la ragazza è palesemente ubriaca in balìa di sconosciuti.

Promising Young Woman di Emmerald Fennel parla esattamente di questo, e fornisce una prospettiva femminile sull’argomento, in un oceano di produzioni in cui l’occhio maschile detta legge sulla rappresentazione della violenza di genere. È la storia di Cassie (Carey Mulligan), trentenne depressa che ha lasciato l’università in seguito alla morte della sua amica Nina, caduta ella stessa in depressione dopo aver subìto uno stupro di gruppo ad una festa. La vita di Cassie scorre a malapena, tra un lavoro semi-stabile in un caffè dai colori pastello e una serie di appuntamenti in cui lei sceglie di terrorizzare psicologicamente uomini più o meno a caso fingendosi troppo ubriaca per protestare e facendosi portare a casa. Ma Cassie ha anche un altro piano: vendicare Nina, punendo chiunque fosse collegato agli eventi di quella notte. E l’incontro con l’ex collega universitario Ryan cambia le sue sorti – e quelle di tutti i coinvolti.

Il film è stato premiato domenica scorsa ai 93esimi Academy Awards come Miglior sceneggiatura originale.

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