#ThrowbackTime La La Land: dedicato ai folli e ai sognatori

È stato protagonista di una delle figure più barbine della storia degli Academy Awards. Ha vinto circa 40 premi ad oggi dopo essere stato letteralmente sommerso di nomination, di cui 6 Oscar. Ha dato il via ad una catena di meme in italiano più o meno divertenti.

ThrowbackFriday

Ringraziamo La Parlata Igniorante perché sono ormai due anni che sto ridendo.

La La Land (2016), secondo tentativo sul grande schermo per l’appena trentacinquenne Damien Chazelle, che agli Oscar del 2015 ha già sorpreso tutti con l’intensissimo Whiplash (2014), è una storia che da amante dei musical o ami o detesti visceralmente. Segue le vicende di Mia (Emma Stone), una delle tante ragazze che hanno lasciato gli stati centrali degli USA per vivere a Los Angeles e sperare di infilarsi dentro Hollywood passando dal retro – e questo retro è costituito da provini su provini per ruoli minori, scrittura di sceneggiature che non interessano a nessuno, lavori pagati il minimo sindacale, coinquiline e soprattutto tantissime porte in faccia. Una di queste porte, però, resta inspiegabilmente aperta e Mia ottiene un secondo provino.

Parallelamente, seguiamo la storia di Sebastian (Ryan Gosling), giovane e talentuoso pianista jazz che non riesce ad affermarsi perché si rifiuta di suonare continuamente ed ossessivamente repertori che lo frenano sotto il profilo artistico. Queste due personalità finiscono per incontrarsi ad una festa piuttosto noiosa e da quel momento diventano inseparabili, uniti da un sogno comune.

Il tutto è costellato da omaggi continui ai grandi musical di Hollywood anni ’50 e ’60: i due protagonisti si muovono costantemente in uno scenario come di sogno, quasi sospeso tra la realtà e quella dimensione immaginifica delle pellicole che li hanno fatti sognare – operazione riuscita al punto tale che guardando distrattamente i trailer e alcune clip pensavo non fosse ambientato ai giorni nostri. Chazelle regala al grande pubblico un film estremamente tecnico, come ogni musical che si rispetti: la fotografia è elegante, le inquadrature rendono perfettamente il senso della vastità dei paesaggi in cui i due protagonisti sono immersi e, soprattutto, il regista dimostra una grande onestà intellettuale evitando magheggi nel montaggio che andrebbero a risolvere l’inesperienza di Ryan Gosling ed Emma Stone, che è invece palese nelle (poche, misurate) coreografie che li coinvolgono – ma nel complesso resta comunque gradevole, perché quei movimenti un po’ trattenuti, decisamente lontani dall’essere quelli di ballerini professionisti possono funzionare per intenerire involontariamente lo spettatore, che può identificarsi con la goffaggine tipica di quegli amanti dei musical che si lanciano in imitazioni sfrenate delle coreografie dei loro beniamini. Naturalmente, La La Land è un film estremamente derivativo, la cui forza risiede nel non limitarsi soltanto ad essere ciò: l’atmosfera sognante e colorata alla Grease o alla West Side Story (per citare due degli innumerevoli riferimenti), che rende l’intera pellicola se non un capolavoro almeno una gioia per gli occhi, è calata in un contesto in cui un immaginario così brillante trova poco spazio. È una storia vicina ai giovani d’oggi, soprattutto ai creativi (the fools who dream, come vengono chiamati nel film) che si trovano più in bilico di altri tra ragione e sentimento, laddove la ragione è il barcamenarsi tra mille lavoretti insoddisfacenti e forse anche lontani dalla propria natura, ma che consentono di pagare le bollette, e il sentimento, il continuare a perseguire i propri sogni facendo provini su provini o scrivendo pagine e pagine fitte fitte che marciscono per anni in un computer o in innumerevoli taccuini, o suonando in improbabili cover band proprio come Sebastian per poter un giorno sperare di realizzare il proprio grande sogno. Ed è proprio per questo che il finale lascia pubblico e critica divisi.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

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