Caleb: un sogno goth all’italiana

L’Italia ha un potenziale gotico non sfruttato. Borghi antichi di poche centinaia d’abitanti che assomigliano a città fantasma quando cala la sera, castelli, centri storici che sembrano esistere fuori dal tempo – sono tutte ambientazioni perfettamente credibili per storie dell’orrore. Questo terreno è stato sondato dal team di Roberto D’Antona in Caleb, film disponibile sulla piattaforma Prime Video, che ha avuto il tempo di uscire in alcune sale selezionate lo scorso agosto.

D’Antona dirige, scrive e interpreta una storia horror molto classica: il film segue le vicende di Rebecca Leone (Annamaria Lorusso), giornalista in gamba sulle tracce della sorella scomparsa da tre mesi. Il suo percorso la porterà nel borgo di Timere, località ai confini con la Svizzera misteriosamente cancellata da ogni mappa, popolata da volti ben poco amichevoli e con una coltre perenne di nebbia ad avvolgerla. Lì, Rebecca fa la conoscenza di Gaspare (Francesco Emulo) e Marta (Natalia Moro), due turisti capitati lì quasi per caso, altrettanto straniti dall’atmosfera che si respira in città. Ad attenderla c’è la figura del misterioso Caleb (Roberto D’Antona), amato alla follia dagli abitanti del luogo – un uomo elegante, appassionato di teatro, che nasconde un tremendo segreto.

Caleb calca sentieri abbastanza noti del genere, concedendosi qua e là qualche citazione e qualche sperimentazione tecnica interessante per ravvivare una sceneggiatura lineare, che segue i canoni delle storie horror. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’ambientazione italiana è tra i punti di forza del film.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

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