Hocus Pocus: tremate, tremate, i ’90 sono tornati

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Di solito, quando si pensa al periodo di Halloween, la seconda cosa che viene in mente dopo le abbuffate di zucca e cioccolato è sicuramente tutta la produzione cinematografica a tema. Per chi non è particolarmente amante degli spargimenti di sangue, esiste un classico sicuramente degno di essere in considerazione: Hocus Pocus, che è a tutti gli effetti un film Disney, ma ha un sapore completamente diverso da qualsiasi produzione di quel periodo.

In primo luogo è bene ricordarne il livello di iconicità: Hocus Pocus vanta la performance più spettacolare di Bette Midler, nei panni della sorella strega maggiore Winifred Sanderson, oltreché di un antesignano di Salem, il gatto parlante della serie Sabrina, vita da strega. Tutto questo, e la direzione di Kenny Ortega in tempi non sospetti – infatti, è meglio noto per la saga di High School Musical e il riuscitissimo seguito di Cheetah Girls.

Il gusto del pop di Ortega è la chiave della riuscita del film, molto più di quanto la trama possa far sospettare. La storia segue le vicende di tre sorelle streghe, le Sanderson, che nel 1693 vengono processate e impiccate a Salem (giustamente), ree di aver privato una bambina della linfa vitale per conservare la propria giovinezza e di aver maledetto il fratello maggiore di questa trasformandolo in un gatto nero – più vari altri crimini di simile natura.

Dopo trecento anni, nel giorno di Halloween (naturalmente), due fratelli molto simili alle vittime delle Sanderson le resuscitano accidentalmente; il film si snoda attorno ai buffi tentativi, sia dei protagonisti sia delle streghe, di vincere prima dell’alba del giorno dopo – limite di tempo che le Sanderson hanno per resuscitare in via definitiva. Solo che le streghe hanno dalla loro parte quest’espressione di Bette Midler e Sarah Jessica Parker che fa la bionda scema.

(non è propriamente un trailer, ma contiene una delle scene che preferisco)

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

Il film, naturalmente, non è esente da difetti: la sottotrama romantica eterosessuale di Max, il ragazzo protagonista, è praticamente carta velina in termini di approfondimento e l’unico motivo per cui il personaggio di Allison, la sua crush, ha una qualche utilità è che a conti fatti dà a Max e alla sorella un aiuto concreto a difendersi dalle streghe.

Il focus dell’arco narrativo di Max e della sorella dovrebbe essere quello del comprendere l’importanza della famiglia per poter maturare – grazie anche all’esempio del gatto Binx, che è determinato a vendicare la morte precoce della sorella; l’effetto è quanto mai tiepido, perché la scrittura dei personaggi riesce a stento a non farci pensare che Max sia insoffribile e immaturo che ha come unico pensiero quello di fare colpo sulla bella ragazza acqua e sapone (avrei apprezzato come spalla un personaggio alla Lydia Deetz di Beetlejuice, ad esempio). Dani, quantomeno, non è quella tipologia di bambina che va a cacciarsi in situazioni scomode per il gusto di mettere in difficoltà adolescenti e adulti.

Ora, queste critiche diventano totalmente insignificanti di fronte all’assoluta magnificenza di Bette Midler (Winifred), Kathy Najimy (Mary) e Sarah Jessica Parker (Sarah) e dei loro costumi, che si sono portati a casa un Saturn Award. A partire dalla chimica fra le tre, che rende ogni siparietto esilarante e che fa venir voglia di tifare per loro a prescindere, per finire ad un numero degno di Broadway: I put a spell on you, che le streghe cantano su un palco coinvolgendo una folla di adulti in costumi trash. L’ambiguità del giorno di Halloween non è un tema nuovo, ovviamente, ma il twist molto teatrale dato da Ortega rende sicuramente: la canzone è un incantesimo, e l’avvertimento di Max alla folla di adulti diventa un’introduzione trionfale con tanto di riflettori; le sorelle Sanderson possono quindi rivivere indisturbate, sfruttando il fatto di far parte del folklore di Salem, e possono trasformare le loro malefatte in spettacolo, riuscendo nell’intento – incantare la popolazione.

L’effetto della canzone è che gli adulti vengono resi inoffensivi e costretti a ballare finché le streghe non decideranno altrimenti.

Se è vero che la Midler è la più forte delle tre dal punto di vista della presenza scenica, una menzione d’onore va fatta anche alla Parker, che come il pifferaio di Hamelin è incaricata di attirare i bambini in una trappola mortale attraverso la musica – da qui l’altro pezzo iconico del film, Come little children, che riesce a rendere la pellicola inquietante per tutta la durata del pezzo, complici le inquadrature dei ragazzini che camminano come sonnambuli per le strade di Salem (cosa che da piccola mi terrorizzò al punto che fino ai 10 anni non ho potuto mai riguardarlo).

La vera forza di Hocus Pocus è che Ortega (che, tra l’altro, è anche coreografo) ha avuto l’abilità di saper dirigere un trio portante che funziona benissimo e calarlo in uno scenario sopra le righe che sembra cucito sulle attrici. Il risultato è una pellicola che intrattiene, diverte genuinamente e che guardata in compagnia fa ridere il doppio; decisamente una buona idea per una serata a tema Halloween che metta d’accordo tutti.

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