Dune: guida rapida alla fantascienza contemporanea

A questo stadio dell’evoluzione dei media fantascientifici, Dune si trova in una posizione strana: è uno dei capostipiti delle “space opera” propriamente dette, dato che la storia risale agli anni ’60, ma ogni sua rappresentazione al di fuori delle pagine del libro è derivante da opere che a loro volta sono ispirate al libro di Frank Herbert. Il primo adattamento cinematografico di David Lynch, quello piagato da problemi di produzione che hanno portato ad un’opera ben lontana dall’eccellenza, risale al 1984 – un anno dopo l’ultimo film della trilogia originale di Star Wars, che stando alle parole dello stesso George Lucas è pesantemente ispirato all’iconografia e alle ambientazioni di Dune anche solo in elementi naturali quali la presenza di pianeti desertici (Tatoiine e Arrakis) o l’idea che un “prescelto” possa diventare una figura tutt’altro che positiva. Dunque, il rapporto di Dune con i media da esso derivati è biunivoco, e l’adattamento di Denis Villeneuve è la sintesi di questo rapporto.

Il film, trattandosi di un progetto curato sin nei minimi dettagli sotto il profilo tecnico, si è aggiudicato i premi per la Miglior fotografia, il miglior montaggio, la miglior scenografia, il miglior sonoro, i migliori effetti speciali e la miglior colonna sonora ed è stato inserito tra i Migliori 10 film dell’anno dall’American Film Institute.

Sin dai titoli di testa Dune 2021, sembra di approcciarsi ad un nuovo film di Star Wars – ma è Star Wars che in realtà sembra Dune, ed è da sempre così. Una produzione magniloquente, minuziosa, che traduce ciò che può risultare più ostico nel libro in soluzioni narrative efficaci: alcuni personaggi che nel libro hanno uno spazio relativo, nel film vengono ricalibrati in modo tale che ispirino vicinanza allo spettatore. La storia segue le vicende di Paul Atreides, figlio del duca Leto Atreides e della concubina Jessica, facente parte del clan delle mistiche Bene Gesserit; il giovane viene allevato con l’idea di dover succedere, un giorno, al padre, ma già vive un conflitto rispetto a questa prospettiva. La sua vita viene sconvolta quando la famiglia si trasferisce sul pianeta Arrakis, che costituisce la più grande risorsa di un allucinogeno molto prezioso chiamato Spezia, e il duca Leto viene ucciso a causa di un complotto. Da lì, inizierà il viaggio di Paul alla ricerca di se stesso, diviso tra la sua umanità e una profezia secondo la quale potrebbe diventare una figura messianica.

ATTENZIONE: Il testo a seguire contiene SPOILER

Quando si pensa ai film di fantascienza oggi, e in particolare al genere “space opera” con sottotoni politici, si pensa irrimediabilmente all’opera di Lucas. È naturale, quindi, rivedere in Paul e nella sua prima evoluzione degli echi del personaggio di Anakin Skywalker, così come è naturale tracciare dei paralleli tra l’Impero e il clan degli Harkonnen. Il tutto, però, viene rimesso in prospettiva dal fatto che Dune di Villeneuve è la somma di cinquant’anni di fantascienza condensata in un dittico che resterà negli annali non solo per aver portato un’opera “maledetta” fuori dal development hell, ma anche per aver dato ai personaggi di Herbert quella che potrebbe essere la forma più vicina all’ideale immaginato. Tutto, dal design dei costumi fino alla meravigliosa colonna sonora di Hans Zimmer (premiata con l’Oscar) è volto a rendere quanto più epica possibile un’opera costitutiva del corpus della fantascienza mondiale.

La visione di Villeneuve è totalizzante: la lotta interiore di Paul viene rappresentata in tutta la sua drammaticità, aggiungendo sfumature che nel libro per forza di cose emergono molto più in là nella storia. L’idea di un protagonista “perfetto” inizia a venir smantellata molto prima, grazie anche all’interpretazione di Timothée Chalamet, che al netto del dare a Paul una posa da adolescente annoiato (cosa che in fin dei conti è) per la maggior parte del film, ha più momenti intensi che testimoniano la sua capacità di sapersi calare anche in contesti che vanno al di là del film indipendente o della produzione storica.

Anche il personaggio di Lady Jessica è sostenuto dall’ottimo adattamento dal libro alla sceneggiatura e dalla performance di Rebecca Ferguson, che riesce a rendere la complessità di una donna appartenente ad un ordine mistico-religioso che tira i fili dei maggiori dibattiti politici dell’universo di Dune.

Trattandosi di una storia ideata originariamente da un uomo bianco negli anni Sessanta, ha ovviamente dei limiti che la buona volontà di Villeneuve non basterebbe a sanare – il modo in cui è trattata la popolazione dei Fremen, che rispecchia in tutto e per tutto il tropo del “buon selvaggio” che fa uso di droghe per motivi religiosi, il colonialismo quasi giustificato nel nome dell’avanzamento economico di un singolo clan, e i personaggi femminili sostanzialmente inesistenti; tant’è che di Chani, il personaggio di Zendaya comparso ovunque nei poster promozionali, ricordiamo per adesso il look e qualche battuta.

Dune di Villeneuve è un’opera monumentale in tutto, a cominciare dall’ambizione che c’è dietro. Di film di fantascienza ad alto budget ce ne sono tanti, ma la passione e la cura messi in quest’adattamento lo rendono di gran lunga superiore. E forse, antesignano di progetti originali di livello analogo.

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